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La finta

La finta era un gioco di uno (quello che era "sotto") contro tutti gli altri, sebbene gli altri fossero uniti soltanto dal fatto di trovarsi contro quell’uno.

BarattoloEra anche un gioco che richiedeva un minimo di "attrezzatura": un barattolo di latta (uno solo per tutti) e una pietra piatta (una piccola pioeuda) per ciascuno. Trovare una pietra piatta per ciascuno era infinitamente più facile che trovare un solo barattolo per tutti, perché a quei tempi in questi luoghi ne circolavano ben pochi e, di quei pochi, molti erano trattenuti nelle case per utilizzarli, dopo averne consumato il contenuto, come recipienti per usi vari e anche per farne tulìn. Il barattolo, che noi chiamavamo scàtula (scatola), veniva collocato al centro di una riga (la riga della scatola) tracciata a un cinque metri da quella che chiamerò la "riga di lancio".

Stando al di qua di questa riga i partecipanti al gioco lanciavano a turno la propria pietra cercando di abbattere la scatola, che naturalmente era stata collocata in posizione verticale.

Alcuni la colpivano al primo tiro ed erano già sicuri di non stare "sotto" se almeno uno degli altri l’avesse mancata; gli altri ci riprovavano, sempre in minor numero, fino a quando uno solo falliva il bersaglio. Se tutti centravano il bersaglio al primo tiro si cominciava da capo, e così anche nei tiri successivi. Alla fine stava giustamente "sotto" chi aveva sbagliato più volte.

A quel punto chi era "sotto" si metteva vicino alla scatola mentre tutti gli altri, dopo che ciascuno aveva ricuperato la propria pietra, tornavano alla riga di lancio per cominciare il gioco, il quale consisteva essenzialmente nel tirare alla scatola e poi, indipendentemente dall’averla colpita o mancata, nell’andare a recuperare una pietra (non necessariamente la propria) senza farsi "prendere" da chi era sotto, per tornare a tirare.

La finta aveva le seguenti regole:

  1. Chi è sotto può “prendere”, toccandolo, qualunque altro giocatore soltanto quando la scatola è ritta al suo posto e il giocatore è al di la della riga della scatola;

  2. Il giocatore “preso” va sotto al posto cli chi lo prende;

  3. Chi è al di là della riga e si impossessa di una pietra ma non ce la fa a rientrare, può lanciarla a chi non ha ancora superato la riga della scatola e questi può tirare di nuovo;

  4. Si può tirare alla scatola soltanto dalla riga di lancio;

  5. Il tiratore non deve superare col piede la riga di lancio (come i discoboli, i pesisti e i lanciatori di martello e di giavellotto nelle gare di atletica leggera), altrimenti prende il posto cli chi è sotto.

Con queste premesse, vediamo ora al tiro il primo giocatore, che può naturalmente centrare o fallire il bersaglio. Se lo centra, la scatola vola via e il giocatore ha buone probabilità di superare di corsa la linea della scatola prima che chi è sotto abbia rimesso al posto la scatola stessa. (Difficilmente il primo tiratore potrà recuperare immediatamente la pietra e tornare in salvo al di qua della linea della scatola, perché nell’andata deve percorrere anche i cinque metri che separano questa linea dalla linea di lancio).

Se invece manca il bersaglio, gli converrà aspettare un’altra i fase del gioco per passare al di là della riga della scatola. Nota: chi ha tirato ed è rimasto al di qua della linea può avvicinarsi alla stessa in attesa del momento buono per superarla.

Un’altra fase può essere il tiro del secondo giocatore dopo il quale, a seconda che la scatola sia stata abbattuta o sia rimasta in piedi, avremo uno o due giocatori che passano correndo oltre la sua linea o che aspettano il tiro del terzo giocatore, e cosi via.

Nota: chi ha superato quella linea ed è braccato da chi è sotto può fuggire anche nella direzione opposta a quella del rientro.

Una situazione tipica del gioco, che può presentarsi sia dopo la prima serie di lanci che in ogni fase successiva, è quella in cui tutti hanno tirato; alcuni sono al di là della linea della scatola e cercano di rientrare con la pietra; altri sono rimasti al di qua ma si tengono vicinissimi alla linea, pronti per oltrepassarla; la scatola è ritta al suo posto e chi è sotto può prendere chiunque sia in movimento al di là della linea. (Intanto tutte le pietre sono al di la della linea, più o meno lontane dalla stessa e tra

loro anche nel senso della larghezza del campo perché i tiri sono stati fatti da angolazioni diverse per disseminare le pietre su un’area più vasta e rendere più difficile il controllo del campo da parte di chi è sotto).

A questo punto cominciano le finte che danno il nome al gioco.

Chi è al di qua della linea può fingere uno scatto verso la stessa per attirare su di sé attenzione di chi è sotto e consentire un rientro o almeno il rilancio di una pietra al di qua della linea. Ugualmente chi è al di là della linea può fare la finta di partire per il rientro favorendo gli scatti di altri per veloci passaggi della linea nei due sensi, mentre chi è sotto cercherà di prendere qualcuno prima che quelli che sono riusciti a tornare alla linea di lancio abbattano la scatola, magari uno dietro l’altro, costringendolo a ripetuti recuperi e riposizionamenti della stessa mentre gli turbinano intorno quelli che vanno e quelli che vengono...

Certamente la posizione di chi è "sotto" è ingrata in tutti i giochi, ma il meccanismo del gioco della finta la rendeva particolarmente dura e spesso anche di lunga durata (i più coraggiosi rischiavano botte alle caviglie per fermare o almeno rallentare con un piede, per averle più vicine, le pietre tirate dalla riga di lancio), Prima o poi però uno ce la faceva a "beccare" chi l’avrebbe sostituito e allora il gioco diventava bello anche per lui.

Finito il gioco, a un compagno fidato si dava l’incarico di custodire la scatola, per ammaccata che fosse, ché la prossima volta non si dovesse tribolare come stavolta per trovarne una.

PS. Per questo gioco, domandando come per tutti gli altri spiegazioni o conferme, ho trovato due versioni diverse tra loro e discordi dalla mia su come si stabiliva chi doveva "stare sotto". Secondo una versione si faceva semplicemente una conta, secondo l’altra tutti lanciavano la pietra verso la scatola per andarvi il più vicino possibile e stava sotto chi ne restava più lontano. Ho mantenuto la mia (che avete letto all’inizio e che non è soltanto mia) perché mi pare più pertinente al gioco.

Ma credetemi: lascerei volentieri ai posteri l’ardua sentenza, se io stesso non fossi un postero!

Tratto dal libro “d'ind'èi d'indè” di Deo Ceschina - Si ringrazia la moglie Elisa per la pubblicazione.

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